Caro diario,
ovunque si va sembra di entrare in fortezze pronte a sostenere attacchi con lanciagranate.
Bisogna fare percorsi obbligati come si dovessero evitare campi minati per giungere a
piccole commesse, piazzate dietro paratie fatte di ogni cosa.
Sorge però una domanda a cosa servono tutte queste garritte?
Se il virus è volatile ma tutto sommato pesante, non sarebbe meglio, a rigor di logica ridurre le superfici dove codesto virus si potrebbe depositare? Lasciare quindi che caschi a terra e poi pulire il pavimento?
Cosa serve la torretta quando tutti siamo mascherati come tanti personaggi da fumetti, non sarebbe più logico un sobrio arredamento zen con pochissime superfici ipoteticamente ( ripeto ipoteticamente) contagiabili ma quindi facilmente pulibili?
Pensiamo alle farmacie attuali: un incrocio tra un supermercato e una postazione militare.
Se il pericolo è il cosiddetto " sputacchio" o contatto, perché tutti quei prodotti in vista e al tatto e poi le torrette?
Ricordiamo le farmacie di una volta dove il farmacista era un operatore farmacopeico, ovvero faceva lui gli intrugli? I medicinali non erano a portata di tatto ma chiusi in grandi armadi a vetrinetta.
Insomma regnava una sobrietà zen.
Ora regna l'esposizione, l'affare, e sorge un dubbio: non è che anche queste protezioni non siano un altro affare, contro ogni logica?
Ripeto:
Non sarebbero meglio poche superfici facilmente pulibili con prodotti efficaci e non tossici? E questo non per il Covid in sé ma come principio di igiene e sanità generale.
Cosa ne pensa la mia amica biologa?
Straf.
Caro diario,
sentito che domande ci fa l’amico filosofo?
Ci fa le domande che dovrebbero “sorgere spontanee” se qualcuno avesse ancora la capacità di essere curioso. Ma di curiosi restano solo i filosofi, specialisti non nel trovare risposte ma nell’arte di saper fare le domande.
A questo hanno puntato i nostri governi scegliendo la strategia dell’emergenza anti-Covid, alla incapacità della maggior parte dei cittadini di essere curiosi, farsi delle domande, chiedersi se le scelte politiche-sanitarie fatte appaiono congrue o meno, e andare ad informarsi per farsene un’idea.
In ragione di questa incapacità dei loro “sudditi” non si sono dati la pena di implementare strategie intelligenti atte a minimizzare il rischio sanitario e nel contempo a minimizzare l’impatto socio-psico-economico di tali strategie… si sono limitati a fare la cosa più semplice, ti chiudo in casa così non fai danni, ti tappo la bocca così non rompi, e ti terrorizzo così non ti ribelli.
E’ stato facile.
Ad esempio quei camion militari per trasportare i feretri alla cremazione, con relativo servizio video trasmesso e ritrasmesso su tutti i canali mainstream, come se non fosse stato possibile trasportarli con un qualsiasi mezzo non militare e senza dare risalto mediatico alla cosa, che ci ha davvero intristito molto, ma soprattutto ci ha terrorizzato.
Ad esempio l’obbligo alla cremazione, contro ogni significato scientifico, dato che in un corpo morto il contagio è molto difficile… primo perché il paziente morto non respira più e meno che mai parla o tossisce… dato che ‘sto Corona è un virus che abita solo nelle vie respiratorie… e poi perché il virus è “vivo” solo quando si trova dentro una cellula ospite viva; fuori di essa non può assolutamente replicarsi… e poi ancora perché gli anatomo-patologi hanno sempre lavorato su cadaveri ben più infetti e nessuno ha mai fatto una piega.
E a proposito di domande, dopo circa cinque mesi di pandemia, quanti sarebbero in grado di spiegare ad un bambino cos’è un virus? Pochi credo, pochissimi, tranne ovviamente medici biologi veterinari e affini. Persino da alcuni infermieri professionali mi sono sentita dire cose inverosimili sui virus, intendendo quindi che nessuno di essi si era dato la pena di andare a ripassare un minimo di virologia.
Analogamente nemmeno la maggior parte dei cittadini si è preso la briga di digitare sulla barra di Google “cos’è un virus” e verificare che sarebbe comparsa nel riquadro a destra il riferimento ad una pagina di Wikipedia
(https://it.wikipedia.org/wiki/Introduzione_ai_virus)
nella quale si spiega in modo semplice e dettagliato ciò che è utile sapere, e si riporta in calce una lunga bibliografia per chi volesse approfondire.
E comunque basterebbe sapere dei virus le nozioni fondamentali. Per esempio che non sono esseri viventi, ma entità biologiche non viventi che necessitano di entrare in una qualsiasi cellula vivente per poter utilizzare il suo apparato di duplicazione. Infatti, come ha detto in una intervista la Prof. Capua, “il progetto del virus è quello di replicarsi”. Parole che sono state puntualmente fraintese, rimandando a scenari complottisti ipotetici di virus appositamente creati per ammazzare gli anziani e sfoltire l’umanità.
In realtà quelle parole hanno, per chi conosce un virus anche appena un poco, un significato molto diverso. Semplicemente descrivono il virus. Qualsiasi virus, ma proprio qualsiasi, non essendo un organismo vivente vero e proprio, è in realtà un “meme”, una unità di replicazione.
Esattamente come il genoma di qualsiasi cellula vivente animale o vegetale. Il genoma ha il solo scopo di replicarsi. Non sa perché lo fa, ma appena viene in contatto con le opportune condizioni si replica. Il perché lo sa la cellula, non il genoma. Lui è come un automa: esegue.
Ora il virus è appunto un semplice genoma, ovvero un filamento di DNA o RNA, rivestito da una capsula di glico-proteine o lipo-proteine. Su questa capsula ci sono proteine-gancio che si possono legare a specifiche cellule di uno specifico ospite. Una volta legato, il guscio proteico si rompe e il genoma entra in una cellula dell’ospite, la quale contiene gli enzimi e gli organelli che permettono al genoma di replicarsi.
Ed è quello che avviene. Il filamento di DNA o di RNA forma moltissime copie di se stesso, fino ad invadere la cellula ospite e ad ucciderla. La cellula morta si rompe e le copie del genoma virale, che si erano pure ricostruite un nuovo guscetto proteico sempre utilizzando il materiale dell’ospite, vengono liberate e possono infettare un’altra cellula.
Detto questo possiamo già capire una cosa fondamentale: se i virus usciti da una cellula morta trovano lì accanto (sì, accanto, perché il virus non si può spostare da solo, al massimo può essere trascinato dai fluidi corporei) trovano lì accanto una cellula viva, possono entrarci e ripetere il tutto. Ma se l’ospite è morto e quindi tutte le cellule sono morte, il virus non avrà più alcuna possibilità di entrare in alcuna cellula. Cosa succederà dunque a questi poveri virus? Si disaggregheranno, aggrediti dagli enzimi proteolitici, attivi anche post mortem nell’ospite, grazie ai batteri della decomposizione, e quindi spariranno.
E se invece l’ospite non muore? Allora una parte dei virus riuscirà ad uscire dall’ospite ed andare ad infettare un altro ospite. Come? Bè, nel caso dei virus respiratori come i Corona, attraverso tosse, starnuti, e lo stesso parlare, attività che prevedono la fuoriuscita di micro-goccioline dalle nostre vie respiratorie. Quelle goccioline possono contenere quantità variabili di virus, ovviamente a seconda della carica virale dell’ospite. Più l’ospite è infetto, e quindi più virus produce, più è probabile che ne emetta di più.
Se qualcuno lì attorno inspira l’aria contenente le goccioline, ecco che il virus si è trovato un nuovo ospite.
E cosa accade invece se le goccioline emesse da un infetto non riescono ad entrare subito in un altro ospite?
Ovviamente le goccioline si adageranno da qualche parte lì intorno. Il banco del farmacista pieno di scatolette per esempio. Oppure il pavimento.
Una volta depositati su di una superficie i virus restano lì, dato che abbiamo detto che non possono spostarsi autonomamente; a meno che ad esempio qualcuno tocchi con le dita la superficie infetta e poi magari si metta le dita nel naso o si strofini gli occhi vicino all’interno palpebra.
Meno problematica è la loro ingestione: se le goccioline sono cadute sul sandwich che stavo mangiando, gli enzimi della saliva fanno strage del virus; difficile per lui raggiungere le vie respiratorie.
Per avere però più chiaro il problema del contagio, c’è un’altra domanda che dobbiamo farci, anzi due.
La prima è questa: cosa accede ai virus che si depositano sulle superfici? Bè, non restano lì in eterno. Dipende comunque da dove sono finiti. Supponiamo ad esempio su una panchina dei giardinetti; ben presto i raggi UV disaggregheranno il loro involucro proteico (gli UV sono specialisti in questo, infatti vengono usati per sterilizzare!), oppure le proteine saranno ossidate dall’ossigeno dell’aria, o disorganizzate dal calore; o magari qualcuno si siederà sulla panchina, raccogliendo con i suoi abiti una parte dei virus, e magari distruggendone parecchi per effetti meccanici, e altri trasportandoli in atri luoghi.
I virus più sfigati secondo me sono quelli che cadono in strada, o sui pavimenti. Per un povero virus umano respiratorio cadere a terra è una vera iattura: quale ospite umano infatti potrebbe mai inalare un virus che aderisce al pavimento? Ma nemmeno se si mettesse sdraiato a terra a faccia in giù…
E nondimeno abbiamo visto in città squadre di netturbini specializzati a “sanificare” le strade… quando invece raramente nelle città si “lavano” le strade, che sarebbe una regola igienica e anche di decoro da utilizzare sempre, soprattutto per abbattere le polveri di metalli pesanti nelle zone più inquinate, magari per prevenire cancro, allergie e quant’altro.
Questo andrebbe chiesto, invece di perder tempo con gli inquinanti dei vaccini che sono in quantità infinitesimali e vengono assunti una volta nella vita e non tutti i giorni come le polveri.
Ma passiamo alla seconda domanda: quanti virus devo inalare per ammalarmi? Uno? Mille? Un milione? Un miliardo?
Naturalmente non c’è una risposta precisa a questa domanda; dipende dalle capacità del nostro sistema immunitario. Per tanto scabercio che esso sia, una bassa carica virale (bassa non vuol dire uno o cento o mille, si parla di numeri molto alti) introdotta casualmente viene prontamente neutralizzata e cominciano a formarsi anticorpi. Se ad esempio ci troviamo nel parco, incrociamo un amico positivo asintomatico che si ferma a salutarci e ci starnutisce in faccia, è molto davvero improbabile che ci succeda qualcosa, anche perché le goccioline emesse all’aperto tendono a disperdersi, e non ad infilarsi tutte nel nostro naso al prossimo respiro.
Pensiamo invece a cosa può essere accaduto nelle RSA, dove se si infetta anche un solo paziente si ha la seguente cascata di eventi: il paziente è probabilmente anziano e malato, non riesce a formare velocemente gli anticorpi, i virus si replicano velocemente e il paziente comincia a tossire, emettendo in continuazione nuvolette virali in un ambiente chiuso dove la dispersione è minima e dove ci sono altri malati in giro che respirano le nuvolette prima che esse possano depositarsi… ben presto ci sarà un nuovo ammalato e le nuvolette infette raddoppieranno… e via così.. e ben presto la carica virale nell’aria sarà così elevata che anche il personale sanitario giovane e sano, immerso per ore in quell’atmosfera, si ammalerà.
Ed è anche chiaro che negli ambienti chiusi con un ricircolo interno della stessa aria con i condizionatori, le nuvolette di goccioline avranno molta meno possibilità di depositarsi tranquille sul pavimento, dal quale potrebbero essere rimosse con una semplice energica lavata.
Ecco che finalmente possiamo rispondere al nostro filosofo.
Sì, anche io penso che molti dei provvedimenti messi in atto sembrano assolutamente incongrui e non scientificamente giustificati. Anche io penso che sarebbe stato meglio educare le persone alla corretta igiene in caso di epidemia anziché richiuderla in casa, così alla prossima epidemia saremmo stati un po’ più preparati.
I cittadini non sono tutti stupidi, semmai ignoranti (che ignorano), ed è compito di uno stato democratico e moderno sollecitarli, aiutarli e in caso di necessità obbligarli ad essere edotti. Invece di ripetere all’infinito il mantra restate a casa avrebbero potuto creare una serie di semplici e simpatici video-tutorial e farceli vedere fino alla nausea, nelle TV, alla radio, sulla metro, sui bus, sui giornali, promossi dai calciatori e dagli attori, e semmai “colpevolizzare” un pochino chi non vuole imparare, non chi portava a pisciare il cane a più di duecento metri da casa… e invece di inseguire come un criminale chi passeggiava su di una solitaria spiaggia invernale inseguendolo con l’elicottero, sarebbe stato meglio concedere maggiori gradi di libertà, non bloccare il lavoro per così tanto tempo, implementare corrette regole igieniche e soprattutto applicare un protocollo di protezione delle categorie a rischio.
Abbiamo caricato tutto sul personale sanitario, mettendolo gravemente a rischio, anziché lavorare immediatamente di prevenzione sul territorio, specie nelle case dove ci sono anziani per esempio.
Una volta di più abbiamo perso l’occasione di essere un paese all’avanguardia.